armando testa: la pubblicità parla italiano

Pubblicato il da nella categoria advertising

di johnny terpot

Armando Testa padre della pubblicità italiana, nasce nel 1917 a Torino, dove frequenta la Scuola Tipografica Vigliardi Paravia. Lì conosce il pittore astrattista Ezio D’Errico, che lo avvicina all’arte contemporanea, alla quale sarà sempre particolarmente legato. Dopo la guerra s’impone lavorando per affermate industrie e nel giro di pochi anni diventa leader nel settore pubblicitario italiano. Nel 1958 vince il concorso per il manifesto ufficiale delle Olimpiadi di Roma ma il progetto viene rifiutato.

ArmandoTesta5

Partecipa quindi al secondo concorso e vince anche questo. Si afferma nella pionieristica pubblicità televisiva, fra gli anni Cinquanta e i Settanta, con immagini e animazioni filmate, rimaste nella storia della pubblicità e nel linguaggio comune. Tra il 1965 ed il 1971 insegna Disegno e Composizione della Stampa presso il Politecnico di Torino. Nel 1978 lo Studio Testa diventa Armando Testa S.p.A., aprendo negli anni seguenti sedi a Milano, Roma e all’estero. Oggi la società impiega oltre 500 persone con un giro d’affari di milioni di euro ed è classificata fra le prime 18 al mondo per fatturato e tra queste è l’unica società a capitale tutto italiano (il 100% è nelle mani della famiglia).

Dalla metà degli anni Ottanta s’impegna nell’ideazione di manifesti per eventi e istituzioni culturali e di impegno sociale: da Amnesty International alla Croce Rossa, dal Festival dei Due Mondi di Spoleto al Teatro Regio di Torino. Realizza anche i marchi che contrassegnano enti culturali come il Salone del Libro e il Festival Cinema Giovani di Torino.  Fece del minimalismo nel segno grafico e dell’immediatezza le sue armi vincenti. L’immediatezza e la memorabilità del messaggio sono ancora oggi insuperabili. I suoi personaggi possono invecchiare ma non morire. Lo stile di Armando Testa ha le sue costanti ben riconoscibili: il colore pieno (amava usare spesso il nero e il rosso), particolari anatomici come occhi e dita, molte lettere e forme sferiche ed ellittiche. I suoi personaggi sono figure semplici, sempre simpatiche e positive: citava spesso l’assioma dell’architetto Mies van der Rohe, Less is more (il più è il meno). Chi ha studiato con attenzione tutta la produzione di Testa, come Jeffrey Deitch, non ha dubbi: il suo lavoro ha anticipato o affiancato la Pop Art, il Minimalismo e l’Arte Concettuale.

Ricordiamo tra i suoi lavori pubblicitari le campagne per Il digestivo Antonetto, del quale fu testimonial il cantante Nicola Arigliano per più di venti anni; la sfera sospesa su un’altra mezza sfera per l’aperitivo Punt e Mes (che in dialetto piemontese significa “un punto e mezzo”); i pupazzi conici di Caballero e Carmencita per il Cafè Paulista di Lavazza: “Carmencita sei già mia, chiudi il gas e vieni via”; gli sferici abitanti del pianeta Papalla per Philco; Pippo l’ippopotamo per Lines, scoperto poi azzurro solo con l’avvento del colore in TV. E ancora, l’attore Mimmo Craig i e suoi incubi d’obesità su musiche di Grieg, per l’olio Sasso: “E la pancia non c’e più, non c’è più non c’è più…”; l’avvenente bionda Solvi Stubig per la Birra Peroni: “Chiamami Peroni, sarò la tua birra”. E poi i manifesti e i marchi di Facis, Martini & Rossi, Carpano, Borsalino, Pirelli, Lavazza, Olio Sasso, Simmenthal sono tutti frutti della grandissima fantasia di Armando Testa.

ArmandoTesta23

ArmandoTesta

ArmandoTesta2

ArmandoTesta3

ArmandoTesta4

ArmandoTesta6

ArmandoTesta7

ArmandoTesta8

ArmandoTesta9

ArmandoTesta10

ArmandoTesta11

ArmandoTesta12

ArmandoTesta13

ArmandoTesta14

ArmandoTesta15

ArmandoTesta16

ArmandoTesta17

Caballero

papalla

ArmandoTesta18

ArmandoTesta19

ArmandoTesta20

ArmandoTesta21

ArmandoTesta22

Armando Testa muore a Torino il 20 marzo 1992, tre giorni prima di compiere settantacinque anni. Diverse istituzioni italiane e straniere gli hanno dedicato mostre antologiche, che spesso hanno compreso la sua attività pittorica. Parlando della comunicazione diceva che il successo in pubblicità deriva dal fatto che il messaggio deve essere divertente e deve divertire, che colpire senza bisogno di sesso e violenza (le solite vie brevi al successo). Ma forse allora eravamo un popolo d’ingenui bambini. Adesso che siamo cresciuti, diventati finalmente adulti, ci meritiamo donne nude e sangue a volontà!

Articoli collegati:

Less is more: parola di Armando Testa
Jazz, spot e l’illusione dell’élite